All’esterno della Chiesa di Santa Maria di Loreto c’è un mosaico raffigurante San Vito, patrono di Forio. È del 1972 ed è stato realizzato dal pittore, grafico e illustratore tedesco Eduard Bargheer (1901-1979) – “A devozione” – c’è scritto – verso il paese che lo aveva accolto e ospitato per quasi trent’anni.

Bargheer, o “Don Eduardo” come lo chiamavano i pescatori di Forio, fu uno dei primi artisti stranieri a stabilirsi sull’isola d’Ischia. Già nel 1936 soggiornò per un breve periodo a Sant’Angelo dove conobbe il connazionale Werner Gilles (1894-1961), uno degli artisti che l’anno successivo sarebbero stati messi al bando dal Ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels in una celebre mostra dedicata all'”arte degenerata” a Monaco di Baviera. Dopo la II guerra mondiale, durante la quale aveva prestato servizio per la marina tedesca come interprete nel porto di La Spezia, Bargheer tornò sull’isola d’Ischia, per la precisione a Forio, dove visse quasi ininterrottamente (salvo viaggi di piacere ed esposizioni in giro per l’Europa) fino all’inizio degli anni ’70.

Come già per altri artisti – tra cui lo stesso Werner Gilles che pure fece ritorno a Sant’Angelo subito dopo la guerra – il soggiorno ischitano influenzò molto la poetica di Eduard Bargheer. La lezione espressionista e il successivo orientamento per l’astrattismo trovarono “sfogo artistico” nelle strade, le spiagge, le case e il porto di Forio. Quest’ultimo particolarmente amato dal pittore di Amburgo che era solito trascorrere  molte ore del giorno al vecchio molo borbonico a osservare e ritrarre i pescatori intenti a rammendare le reti. Più di tutti però, l’aspetto che maggiormente colpì questo vulcanico artista tedesco fu l’empatia con il popolo, con cui riuscì a instaurare da subito un legame di affetto e simpatia.

Come confermato dal celebre scrittore e pittore Carlo Levi che così racconta,  nel 1949, il rapporto d’amore tra Bargheer e la più grande delle isole del Golfo di Napoli:

Sopra tutto mi piacque il modo con cui parla­va di Ischia, dell’Epomeo, delle cave e delle grotte, dei pescatori e dei pastori, e degli dei agresti, che dividono con loro il pane e si riposano all’ombra dei fichi; di quel mondo di poveri, di solitudine e d’incanto, dove la bizzarra capra è regina, e il mare e la terra sono pieni di presenze invisibili, mescolate di continuo alle più piccole vicende quotidiane.

Eravamo in piena guerra, – scrive Levi nella presentazione di un catalogo illustrativo dedicato alle opere di Bargheer – e questo giovane tede­sco pensava e parlava come se la ferocia, la divisione e l’assurda follia non esistessero e non lo toccas­sero: né si lagnava di quanto egli stesso ne avesse sofferto.

E l'”assurda follia” di cui parla l’autore del capolavoro “Cristo si è fermato Eboli”, aveva toccato Bargheer pure all’inizio della sua esperienza foriana. Al punto – pare – da essere segnalato come “spia” da alcuni notabili locali che evidentemente guardavano con diffidenza a questo tedesco assai loquace. Salvo, per fortuna, ricredersi e addirittura conferirgli la cittadinanza onoraria nel 1948.

Celebri le serate di Bargheer da avventore al Bar Internazionale di Maria Senese, una bar-caffetteria-taverna che dall’inizio degli anni ’50 fino alla fine dei ’70 del secolo scorso fu ritrovo, rifugio e passatempo per molti artisti e intellettuali italiani e stranieri. Certo Bargheer, che ne era un assiduo frequentatore, ma anche Auden, Truman Capote, Moravia, Pasolini e tanti altri ancora.

Il contatto con quell’ambiente cosmopolita ha lasciato profonde tracce umane e artistiche in alcuni pittori locali – Giuseppe “Bolivar” Patalano e Gino Coppa su tutti – ma anche nelle giovani generazioni dell’epoca, che  addirittura riuscirono a coinvolgere proprio Bargheer nella messa in scena di “Aspettando Godot” il più famoso spettacolo teatreale dello scrittore e drammaturgo irlandese Samuel Beckett.

Don Eduardo Bargheer è morto ad Amburgo nel 1979, e con lui è definitivamente scomparso anche il particolare clima culturale che aveva animato Forio agli albori del turismo. Restano le molte opere – Bargheer era un instacabile lavoratore – la maggior parte delle quali realizzate proprio nel paese delle torri. Resta il mosaico a devozione di San Vito che, insieme a “Good bye to the Mezzogiorno”, la poesia di commiato dal Sud e da Forio di Auden, merita sicuramente il posto d’onore tra le dediche più belle mai fatte a Forio e all’isola d’Ischia!