Al primo piano del Museo Civico del Torrione sono esposte le sculture di Giovannangelo Nicola Maltese (1852 – 1913), ritrattista, scultore e poeta locale che per più di trent’anni abitò nei locali della più importante delle cosidette torri saracene di Forio.

Visitare la sala di Maltese è perciò un’occasione imperdibile per conoscere non solo l’artista, ma anche cultura e storia di Forio e dell’intera isola d’Ischia. Questo perchè egli seguì per tutta la vita l’ideale del “verismo”, corrente artistica che da noi, diversamente che in Francia, trovò la sua dimensione utilizzando la miniera di osservazioni che le tante realtà regionali offrivano, colmando l’evidente lacuna dell’arte e della letteratura “ufficiali” non in grado, o forse non interessate sino a quel momento a dare il giusto risalto ai tanti tipi locali che una nazione come l’Italia invece offriva in abbondanza.

Il contesto sociale ed economico in cui Giovanni Maltese nacque, visse ed operò era quello di un territorio a fortissima vocazione agricola, dominato dalla coltivazione della vite e dall’indotto economico che girava attorno alla viticoltura ischitana. Egli stessò scoprì il suo talento intagliando i tralci di vite e i pali di castagno utilizzati per realizzare le spalliere di sostegno ai filari, “costretto” dalla prematura scomparsa della madre e le seconde nozze del padre a imparare giovanissimo le dure regole della vita dei campi.

Estrazione sociale ed esordii artistici comuni al suo maestro Giulio Monteverde (1837 – 1917) lo scultore ligure, trapiantato a Roma, da cui il giovane Maltese andò a bottega dopo aver completato l’Istituto delle Belle Arti di Napoli grazie a una borsa di studio elargita dalla Provincia. Monteverde, membro dell’Institut de France ottenne che l’allievo ventisettenne Giovanni Maltese da Forio – siamo nel 1879 – partecipasse alla ristrutturazione del prestigioso castello di Chenansau, nella Loira. L’esperienza non fu delle migliori. Ben presto emersero screzi inconciliabili con la direzione dei lavori che persuasero l’artista, prima a un breve soggiorno parigino e, successivamente, a fare ritorno a Napoli dove visse qualche anno sfruttando il suo talento di ritrattista. Talento, che il poeta Giovanni Verde (1880 – 1956), primo biografo di Maltese, riteneva addirittura superiore alla “vis” dello scultore.

Fu il terribile terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 a segnare uno spartiacque nella vita di Giovanni Maltese. Trentunenne, all’epoca dei fatti, aveva fino a quel momento vissuto pensando e inseguendo il successo artistico. La morte del fratello e del nipote ancora in fasce lo dissuasero dal continuare. L’”arte per l’arte” rimase il suo motto e il suo ideale di vita, stavolta però chiuso all’interno dei locali del Torrione che aveva ottenuto in enfiteusi dagli amministratori locali dell’epoca.

Qui realizzò quasi tutte le sue sculture più importanti come “Il naufragio di Agrippina”, “Il contadino”, “Pidocchiosi” e, soprattutto, “La solfatrice”, unanimente riconosciuta come la sua scultura più importante, raffigurante una giovane donna in abiti da lavoro impegnata nella fondamentale pratica della solforazione della vite, importata qualche decennio prima da tre fratelli Gaetano, Giuseppe e Antonio Sanfilippo, da Salina, isola dell’Arcipelago delle Eolie.

malteseNon solo, perchè nel Torrione il quarantenne Giovanni Maltese scrisse in tre ondate un libello anonimo di poesie dialettali dal titolo “Cerrenne” (lett. Vagliando) , “opera evidente di uomo di parte contro gli esponenti delle amministrazioni del tempo”, prendendo nuovamente a prestito le parole di Giovanni Verde. Ma non è ancora finita. Sul Torrione Maltese conobbe la pittrice inglese Fanny Jane Fairer che sarebbe diventata poi sua moglie nel 1901, accompagnandolo nell’ultima fase della sua travagliata esistenza, conclusasi prematuramente il 21 agosto del 1913 all’età di 61 anni per una angina pectoris.

Le opere di Giovanni Maltese sono un formidabile compendio della storia civile e politica di Forio e dell’isola d’Ischia. Una storia solo apparentemente superata dall’avvento del turismo e invece quanto mai attuale, in grado di raccontare il presente e ispirare il futuro dell’isola più grande del Golfo di Napoli.