Qui succede Casamicciola! Voglio far rinnovare la cintura di Varano! Foriani sangue turco! Sei una Tolla!

Anche l’isola d’Ischia ha i suoi proverbi, sintesi delle vicissitudini storiche che hanno segnato il territorio, più spesso stereotipi che rimangono impressi nella memoria come esempi di ciò che non cambia, di comportamenti sempre uguali a dispetto del tempo che passa.

Qui succede Casamicciola è sicuramente il proverbio più famoso, l’unico ad avere varcato i confini dell’isola d’Ischia. Del resto, il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 ebbe un’eco nazionale e per le dimensioni della catastrofe e, soprattutto, per il tempestivo intervento del governo Depretis (da cui il nome di alcuni rioni baraccati). Non a caso, Casamicciola, “bianca, (che) sembrava posare su di un cuscino di verdura” è anche il titolo di una famosa novella di Giovanni Verga. Ma l’evocazione di quella sciagura va oltre la cronaca, la letteratura e i libri di storia. I 13 secondi che devastarono la cittadina termale sono una metafora potente della provvisorietà dell’esistenza, del dolore improvviso della perdita, dell’evento traumatico che condiziona in profondità il resto della vita. Come nel caso di Benedetto Croce, al punto che più di un critico ha scorto un nesso di causa-effetto tra il trauma e la riflessione filosofica. In pratica, secondo quest’ipotesi interpretativa il diciassettenne Benedetto Croce non sarebbe mai diventato il filosofo Benedetto Croce se quella sera di fine luglio del 1883 non avesse vissuto l’esperienza devastante della perdita di tutta la sua famiglia.

Voglio far rinnovare la cintura di Varano! è invece il proverbio che fino a qualche tempo fa i baranesi utilizzavano per esternare la propria collera. La cintura è alla base di un’antica e violenta contesa tra gli abitanti di Buonopane e Barano, contesa poi sublimata nella danza rituale della ‘ndrezzata.

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La leggenda narra di un dono d’amore che una giovane donna di “Varano” aveva smarrito e un giovane uomo di “Moropano” invece ritrovato, senza tuttavia provvedere alla restituzione. Di qui l’affronto da vendicare, fino alla pace tra le due fazioni sancita davanti la chiesa di San Giovanni Battista (nella frazione di Buonopane). È evidente che la cintura rimanda alla rete di scambio matrimoniale e al valore attribuito all’illibatezza della donna, mentre la scelta della chiesa fa con tutta probabilità riferimento all’ingresso dell’estate (la ricorrenza del Santo è il 23 giugno) e alla pratica benaugurale dei fuochi solstiziali per salutare l’arrivo della buona stagione.

Furien sang ‘e turc stabilisce addirittura una relazione genetica tra i costumi violenti e lascivi cui si abbandonerebbe la maggior parte degli abitanti di Forio e le invasioni saracene della prima metà del ‘500. Diversamente, il proverbio è usato per esaltare la tenacia e lo spirito mai domo del popolo, tanto più in condizioni ostili. In entrambi i casi si tratta di stereotipi che servono a risparmiare la fatica di indagare le condizioni materiali di esistenza che determinano comportamenti più o meno aggressivi nella società.

Giuseppe d'AsciaVuoi fare la cannacca a Tolla è pure un modo di dire foriano riferito a una donna che fa eccessivo sfoggio di collane e preziosi. Tolla, diminutivo di Vittoria (o Vincenza) era una donna foriana vissuta al tempo della peste del 1656 che aveva l’abitudine di spogliare i morti dei propri oggetti personali che poi infilzava tutti su un laccio appeso al collo, a mo’ di collana. Così ne scrive Giuseppe D’Ascia (nella foto) nella monumentale Storia dell’Isola d’Ischia (1867): “era una seppellitrice di cadaveri che ammonticchiava su piccola carretta e trasportava nella chiesetta di S. Sebastiano ritraendone per mercede gli oggetti del trapassato, e se questi erano preziosi li portava infilzati tutti in un laccio che portava sempre seco appeso al collo a guisa di collana, detta allora cannacca. Anche oggi è rimasto il proverbio, quando in Forio, una popolana si guarnisce di soverchio. Che! vuoi fare la cannacca a Tolla? Questa fu tre volte attaccata dalla peste; le due prime volte superò il morbo, alla terza vi soccumbette”.

Tolla è l’archetipo della ribellione femminile all’autorità maschile, paterna e maritale. Ribellione che in un contesto dominato dalla paura del contagio e della morte assume ben presto le sembianze della follia. Di qui l’alone di leggenda che circonda la donna, sfuggita, non si sa bene come, per ben due volte alla malattia, salvo alla fine, pure lei mortale, soccombere dopo il terzo contagio.