L’isola d’Ischia rappresenta per i vulcanologi un laboratorio naturale unico. Studiando le sue strutture vulcaniche, da quelle più antiche (150.000 – 120.000 anni), fino alle formazioni rocciose emerse, si fa per dire, più di recente (ca. 60.000 anni), è possibile rintracciare tutti e tre i tipi di eruzione – pliniane, subpliniane ed ignimbritiche – che hanno portato alla formazione, nei millenni, del Distretto vulcanico Flegreo – di cui pure Ischia, insieme alle vicine Procida, Vivara e Nisida, fa parte.
Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’eruzione più importante, quella che avrebbe determinato una buona parte dell’attuale morfologia del territorio – anche se è difficile delineare il quadro paleogeografico di quel periodo – sarebbe avvenuta 55.000 anni fa.*
Rinominata eruzione del tufo verde del Monte Epomeo, ad essa i geologi attribuiscono lo sprofondamento della parte centrale dell’isola, cui avrebbe fatto seguito, a partire dal millennio successivo, il fenomeno opposto del sollevamento di una gran quantità di quel magma sprofondato, insieme a piroclasti e tufi, sotto il livello del mare.
La rialimentazione della camera magmatica precedentemente svuotatasi sarebbe alla base, insieme alle tensioni dei sistemi di faglie presenti lungo il margine tirrenico, del sollevamento della parte centrale dell’isola, con contestuale risorgenza di quello che oggi chiamiamo Monte Epomeo.
Fu il grande geologo svizzero Alfred Rittmann (1893 – 1980), nel 1930, il primo ad attestarsi su questa posizione scientifica, nota poi come teoria dell’horst tettonico-vulcanico, secondo cui, in pratica, la peculiarità geologica dell’isola d’Ischia consisterebbe nell’avere una camera magmatica di prevalente sviluppo orizzontale e non, quindi, un unico condotto vulcanico, o cratere, come nel caso del Vesuvio e dell’Etna. In altri termini, Ischia non sarebbe altro che la parte emersa di una caldera vulcanica ancora attiva, come dimostrerebbero anche i periodici eventi sismici (la periodicità va naturalmente riferita alle ere geologiche) e l’intensa attività idrotermale su tutto il territorio.
Dal punto di vista scientifico, scontata la premessa che non c’è nessun rischio vulcanico imminente, resta difficoltoso fare previsioni su dove potrebbe aprirsi un nuovo cratere in caso di eruzione e, ancor di più, risulta complicato studiare la relazione, che pure senz’altro c’è, tra attività magmatica e rischio sismico.
Queste criticità, note alla comunità scientifica, furono rese pubbliche qualche anno fa dall’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, il quale, tuttavia, lasciò intendere in maniera del tutto fuorviante che un’eruzione dell’Epomeo fosse di lì a venire. O quanto meno, questa è l’interpretazione che diedero a quella incredibile dichiarazione, per di più resa alla stampa estera, le principali testate giornalistiche della televisione e della carta stampata, ovviamente non solo nazionale.
È doveroso perciò ribadire che non c’è alcuna criticità e che, di loro, Osservatorio Vesuviano e INGV dispongono di tutta la tecnologia necessaria al costante monitoraggio della situazione che, sgomberata di inutili allarmismi, conferisce ancora più fascino e interesse scientifico alla stupenda isola d’Ischia.
*A questa hanno fatto seguito nei millenni (tra i 55.000 e i 33.000 anni) altre eruzioni sui versanti S-O e N-O dell’ isola, ed un’altra intensa eruzione su quello N-E (tra i 28.000 e i 10.000 anni). Del vulcanismo di età inferiore ai 10.000 anni va ricordata la colata dell’Arso nel 1302 nella parte orientale dell’isola.