Se quando si parla di “tradizioni”, “radici”, “spirito” di un popolo, il rischio dell’arbitrarietà è sempre dietro l’angolo, nel caso dell’isola d’Ischia le innumerevoli tracce del “sacro”, delle forme in cui si esprime il diffuso sentimento di fede, lasciano pochi dubbi su quale sia, ancora oggi, la matrice culturale profonda dei suoi abitanti.

Basti pensare che sotto il pavimento del santuario di Santa Restituta, nel comune di Lacco Ameno, venne alla luce, negli anni ‘50 del ‘900, un cimitero paleocristiano – oggi museo archeologico – a testimonianza di un’attività religiosa particolarmente intensa fin dagli albori del Cristianesimo.

Dei sei comuni dell’isola è però Forio quello con più segni devozionali, il territorio dove più numerose sono le prove dell’aderenza popolare ai precetti religiosi. Il riferimento non è tanto, o non solo, alle molte chiese che si incontrano in questo paese – anche perchè, in questo caso, il discorso andrebbe correttamente esteso a tutta l’isola – quanto piuttosto a piccoli segni che, di contro, hanno un’elevata valenza simbolica, in più di un caso una vera e propria funzione sociale collettiva.

Come intendere altrimenti le tante edicole votive che si incontrano passeggiando per il centro storico di Forio. L’esterno dei palazzi, gli angoli di strada, le principali vie di comunicazione tra il paese e la sua parte interna sono piene di queste nicchie disegnate con graziose maioliche colorate, al cui interno sono raffigurate icone mariane e dei santi.

Molti hanno sottolineato che si tratta di unasegnaletica simbolica”, alternativa tanto alla toponomastica ufficiale, quanto a quella informale veicolata dall’immaginario turistico. Un’espansione dello “spazio sacro” che, sul piano storico, ha favorito la penetrazione della fede tra le masse, sancendo il progressivo abbandono delle forme di devozione ascetico – individuali proprie del Medioevo.

Di recente inaugurazione, ma sicuramente di enorme importanza storica e culturale, il Museo di Santa Maria di Loreto, adiacente l’omonima basilica nel cuore del paese. Voluto dalla locale arciconfraternita, l’edificio, diviso in sei sale, ospita gran parte del patrimonio artistico-liturgico accumulato presso la Chiesa in sette secoli di attività religiosa, grosso modo, dal XIV al XIX secolo. Quadri, sculture, manoscritti, stoli, manipole, borse, assolutamente godibili anche per l’estetica e l’arte che disvelano, oltre che per il loro indiscutibile valore storico-culturale.

Ma che il turismo religioso possa essere il nuovo volano dello sviluppo del territorio lo dimostra il sempre crescente numero di persone che si riunisce attorno al santuario della Madonna di Zaro, dall’omonima località nel versante nord-occidentale del comune di Forio. In questo bosco, da quasi venti anni, si riunisce in preghiera una comunità di fedeli in scia alla testimonianza di alcune donne che da anni, esattamente dal 1994, asseriscono di vedere e parlare con la Madonna. Nonostante il giusto riserbo delle gerarchie ecclesiastiche, la partecipazione cresce in maniera esponenziale, tanto che il fenomeno negli ultimi tempi ha catturato l’attenzione di alcune emittenti televisive nazionali.

Una nuova Medjugorie? Presto per dirlo, anche se, le similitudini, non soltanto religiose, con questa località della Bosnia Erzegovina sono più d’una. Innanzitutto, il clima tipicamente mediterraneo che, di sicuro, agevola e incoraggia questo tipo di pellegrinaggio, e poi appunto la mistica religiosa che afferisce a una dimensione profetico-carismatica della Chiesa definitivamente sdoganata, sul piano della dottrina, da Karol Wojtyla, il grande Papa Giovanni Paolo II. Il quale, quasi fosse un segno del destino nel 2002, tre anni prima della sua scomparsa, ha fatto tappa in visita pastorale proprio sulla bella isola d’Ischia, terra di fede e di fedeli.