Nonostante gli innumerevoli esempi che si possono fare per spiegare come mai “Isola Verde” sia l’altro appellativo con cui Ischia è conosciuta nel mondo, la “prova regina” dell’enorme patrimonio naturalistico dell’isola più grande del Golfo di Napoli resta il bosco “incantato” della Falanga. Seimila metri di castagneto a quasi seicento metri sul livello del mare costituiscono infatti una rarità di assoluto rilievo, a maggior ragione perché si trovano su una piccola isola in mezzo al Mediterraneo.

Tuttavia, quello che colpisce del bosco della Falanga non è solo la sua straripante macchia mediterranea, ma anche le numerose testimonianze dell’antica architettura rupestre dell’isola d’Ischia. Di un periodo storico, in verità nemmeno tanto lontano, durante il quale i contadini locali riadattavano i mega blocchi di tufo verde che si incontrano per il bosco in ricoveri temporanei, cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, finanche in “palmenti” per la spremitura dei grappoli d’uva. Segno che la coltivazione della vite era assai più estesa di quanto non lo sia oggi, scalzata dall’economia del turismo.

Molto interessanti le “fosse della neve, grandi buche che i “nevaiuoli” di Fontana, il paese alle pendici del Monte Epomeo, scavavano in mezzo al bosco per raccogliere la grandine e la neve dei mesi invernali da riutilizzare poi come ghiaccio durante il periodo estivo. Una tecnica articolata che passava per l’impermeabilizzazione delle pareti del fosso con la caratteristica pietra di tufo verde locale e poi per la copertura dell’intero diametro della buca con tronchi e foglie di castagno per impedire al ghiaccio di sciogliersi. Un’altra formidabile traccia dell’ingegnosità delle maestranze locali che per secoli sono riuscite a sfruttare la grande disponibilità di pietre, lapilli, terreni sciolti per i più disparati scopi: dall’edilizia, all’agricoltura fino appunto alla creazione di rudimentali ma assai efficaci sistemi di refrigerazione e conservazione degli alimenti.

Tracce di un passato che non c’è più e che però raccontano della strada fatta, di quello che l’isola d’Ischia ha guadagnato con la modernità e, bisogna dire, di quello che invece ha perso con la dissoluzione della sua identità storica. Non tutto però è andato perduto. Anzi, da qualche anno fa breccia l’importanza della salvaguardia del patrimonio paesaggistico-ambientale anche, soprattutto, per i suoi risvolti turistici, con l’attivazione di un segmento, quello del trekking, per anni esclusivo appannaggio dei volitivi turisti tedeschi.

Diversi i sentieri per raggiungere il bosco della Falanga. Il primo da Via Bocca, una strada laterale alla Provinciale che dal centro di Forio raggiunge la frazione di Panza. Il secondo da Via Nuova Falanga, una traversa poco dopo il cimitero di Serrara Fontana passando dai Frassitelli, una selva di acacie da cui – a detta di molti – si gode del panorama più bello di Ischia che abbraccia quasi per intero il versante sud-occidentale dell’isola.

Dalla Falanga inoltre è possibile proseguire per Lacco Ameno, Casamicciola Terme, o magari fermarsi in prossimità della piccola chiesa di Santa Maria al Monte. Qui, sul sagrato rustico della chiesa ogni anno, il 12 settembre, la comunità isolana partecipa numerosa ai festeggiamenti in onore della Madonna. L’atmosfera è unica, il panorama fantastico e la cucina in linea con la tradizione gastronomica “di terra” dell’isola.  Più che raccontarla conta “esserci“.

Ischia Vi aspetta!!!