copertina-berkeleyGeorge Berkeley (1685 – 1753), insieme a John Locke e a David Hume ha avuto un ruolo decisivo nella storia della filosofia occidentale. I tre sono considerati i padri dell’empirismo britannico, un articolato sistema di pensiero che secondo molti studiosi ha aperto le porte al metodo scientifico e di lì alla moderna economia capitalistica. Berkeley è dei tre quello che ha cercato di contemperare il suo scetticismo – non esistono sostanze, non esiste l’uomo od il cane, ma solo quell’uomo, questo cane, secondo la celebre formula “esse est percepi” – ammettendo però l’esistenza di Dio, di un Essere da cui cioè deriva la nostra percezione della realtà, pur essendo questa priva di un fondamento oggettivo indipendente dai nostri sensi.

In questo modo egli, teologo e vescovo irlandese, teneva insieme il Dio della morale cristiana e la scienza di Newton, cui spettava il fondamentale compito di rivelare la “grammatica dei segni” divina, abiurando però a qualsiasi deriva materialista.

humeSarà Davide Hume a spingersi oltre, affermando con il proverbiale humour anglossassone che “non è contrario alla ragione che io preferisca la distruzione del mondo intero piuttosto che graffiarmi un dito” (Trattato sulla natura umana, 1739) ponendo le basi teoriche per quell’individualismo possessivo che è poi la cifra della “società del libero scambio” in cui tuttora viviamo.

George Berkeley, cui è intitolata una delle più importanti università americane nello Stato della California (UC Berkeley), soggiornò a Ischia nell’estate del 1717, lasciando una serie di appunti sul carattere degli ischitani e sulle bellezze naturali dell’isola quanto mai significativi e, per alcuni aspetti, ancora attuali.*

Scriveva Berkeley da località Testaccio (Barano d’Ischia):

Per altri versi la gente di quest’isola è abbastanza buona, ma assetata di sangue e vendicativa. Quelli di Forio e di Buonopane hanno più di altri cattiva fama […] Tutto il resto dell’isola dice di loro che non hanno alcun timore di Dio e degli uomini”. […]

Sempre a proposito del carattere degli ischitani, in una lettera del 22 ottobre del 1717 indirizzata poeta inglese Alexander Pope, Berkeley notava con rammarico che:

se fossero privi di spirito vendicativo come lo sono di avarizia e di ambizione, potrebbero corrispondere a quanto hanno immaginato i poeti per l’età dell’oro”.

Interessante, tanto più perchè scritta da un vescovo, anche la considerazione sul perchè vi fosse un così grande numero di ecclesiastici in un’isola di non grandi dimensioni:

Il numero degli ecclesiastici ad Ischia si spiega col fatto che le proprietà della famiglia sono al sicuro sotto il nome e la protezione del prete, che in caso di assassini o altri simili reati le preserva dalla penalità. Il vescovo non ammette nessuno agli ordini se non sia prima in possesso di 700 ducati”.

In assoluto però le pagine più belle sono quelle dedicate alla descrizione della rigogliosa natura ischitana, coerentemente, tra l’altro, con l’impostazione filosofica dell’autore che proprio nelle cosidette “leggi di natura” trovava conferma dell’esistenza di Dio. A Lord Percival, amico e divulgatore delle sue teorie filosofiche presso i circoli intellettuali inglesi, così Berkeley descriveva l’isola d’Inarime (antico topos di Ischia):

[…] “Ha un perimetro di quasi diciotto miglia, conta sedicimila anime, l’aria è temperata e salubre, la terra estremamente fertile. Mele, pere, susine, ciliege, albicocche, pesche, mandorle, fichi, melograni e tanti altri frutti che non hanno un nome inglese, insieme alle viti, al frumento e al granturco ricoprono quasi l’intera isola. La frutta, che è ovunque alla portata di tutti, senza recinzioni, dà così alla campagna l’aspetto di un enorme frutteto. […] Non c’è nulla di più favoloso delle forze della natura. Montagne, colline, valli, piccoli campi pianeggianti, tutti fusi insieme in varietà selvaggia e stupenda. Le colline, quasi tutte, hanno le cime ricoperte di viti. Può credere che le viti sono eccezionalmente numerose nell’isola se Le assicuro che non si producono meno di sessantamila botti di vino l’anno in un luogo così piccolo”.

Pur con tutti i distingui del caso, a quasi tre secoli di distanza le osservazioni di questo gigante del pensiero occidentale ancora informano della straordinaria bellezza dell’isola d’Ischia. La viticoltura ischitana ha ceduto il passo all’industria del turismo ma non è affatto scomparsa, e anzi mostra incoraggianti segnali di ripresa. Nondimeno, la civiltà del diritto ha di molto mitigato il carattere “sanguigno” degli ischitani, che depurato degli aspetti più retrivi è, al contrario, uno dei punti di forza di una comunità laboriosa, tuttora al riparo da ambizioni sfrenate e potenzialmente disgreganti.


berkeley 2*Gli appunti di viaggio di Berkeley sono raccolti in un libretto pubblicato nel 2005 da
Valentino Editore, all’interno di un’agile collana “Viaggiatori ad Ischia” che è un punto di riferimento importante per chiunque sia interessato alle testimonianze di filosofi, poeti e scrittori che hanno soggiornato a Ischia dal XVII secolo ai giorni nostri.