Un antico rito devozionale trasformato in un evento ludico-agonistico. È questa, in estrema sintesi, la genesi della “Festa a Mare agli Scogli di Sant’Anna” anche se, naturalmente, la ricostruzione non tiene conto delle evoluzioni incorse nelle 80 e passa edizioni della festa (e a cui faremo riferimento in seguito). C’è però una cosa che non cambia mai ed è il motivo che rende unico, nel panorama regionale e non solo, l’evento del 26 luglio. Per dirla con le parole di Andrea Di Massa, storico della Festa di Sant’Anna:

La Festa diventa il passaggio dal quotidiano all’extraquotidiano ed è qui che le visioni, i comportamenti, le forme sono vissute come realtà possibili. (…) Elemento fondante di questa pratica festiva è la rappresentazione offerta dalle figure sceniche ospitate dapprima sui gozzi e poi sulle zattere che nel loro rimando ad una figura ‘altra’ rappresentano l’elemento unificante e germinativo della Festa a mare.” (Andrea Di Massa, La Festa delle Barche di Sant’Anna, Imagaenaria edizioni, 2004).

Sono due gli aspetti da sottolineare nel discorso di Andrea Di Massa: il primo è il carattere allegorico dell’evento con le barche in competizione che traducono suggestioni che nello stesso istante della rappresentazione diventano patrimonio della comunità; il secondo ha a che fare, invece, con l’evoluzione della manifestazione nel corso degli anni: il passaggio, man mano che le scenografie si facevano più complesse e articolate, dai gozzi alle barche e poi dalle barche alle zattere.

Tutto – dicevamo in apertura – nasce dall’antica consuetudine dei pescatori di Ischia Ponte di recarsi, via mare, in processione presso una piccola cappella votiva poco distante dalla Torre Guevara a Cartaromana. Lo scopo era chiedere a Sant’Anna, cui la chiesetta è intitolata, protezione per le partorienti, e più in generale per le famiglie.

All’uopo le imbarcazioni venivano addobbate a festa e sulla via del ritorno si consumava a bordo un pasto frugale, quasi sempre il “mitico” coniglio all’ischitana. Questa circostanza, il fatto cioè che delle famiglie di pescatori consumassero il coniglio anziché una qualche pietanza della tradizione marinara, la dice lunga sulla doppia anima dell’isola d’Ischia; ed è pure questa – tra l’altro -una consuetudine ancora in voga tra quanti il 26 luglio raggiungono Ischia Ponte con la propria imbarcazione per assistere alla competizione a mare.

Da un ventennio, inoltre, è stata introdotta la formula del Palio dei Comuni. I sei comuni dell’isola d’Ischia e quello di Procida allestiscono ciascuno la propria imbarcazione che poi sfilerà nello specchio di mare compreso tra il Castello Aragonese e, appunto, gli scogli di Sant’Anna. Alla giuria designata dal comitato organizzatore dell’evento il compito di scegliere la barca vincitrice del palio e di assegnare alle altre i premi speciali previsti per l’occasione.

Da non perdere, a chiusura della festa, l’incendio simulato del Castello Aragonese, seguito dagli immancabili fuochi pirotecnici. L’incendio del castello di Ischia Ponte è un’altra evoluzione dell’originaria trama festiva: sostituisce la vecchia, e non più ammessa, pratica dei falò di segnalazione sulle collinette prospicienti la baia. Lo spettacolo dei fuochi d’artificio, invece, è una costante delle feste religiose dell’isola d’Ischia caratterizzate per la maggior parte da elementi folcloristici invero molto apprezzati dai turisti.