Ischia è pietrosa, un’isola aspra che ricorda la Grecia o la costa dell’Africa. A scrivere queste parole il grande Truman Steckfus Persons, meglio conosciuto come Truman Capote (1924 – 1984) dal cognome che si racconta il celebre scrittore abbia assunto dal patrigno solo per far dispetto alla madre. Siamo nell’aprile del 1949 e il venticinquenne Truman Capote si lancia alla scoperta della baia nascosta della Sgarrupata insieme al compagno Jack Dunphy. È già passato un mese dal loro arrivo (andranno via alla fine di giugno) e dopo aver preso confidenza con Ischia Porto e Forio, dove alloggiano alla Pensione Di Lustro, si avventurano in quella che viene definita una “passeggiata lunga e pericolosa“.

Scrive Capote:

«5 aprile. Una passeggiata lunga, pericolosa. Abbiamo scoperto una nuova spiaggia. […] Il sentiero corre su rocce vulcaniche che scendono a picco; ci sono tratti in cui è meglio chiudere gli occhi: sarebbe una caduta spaventosa, e gli scogli sottostanti sembrano dinosauri in letargo. Un giorno, camminando tra le rocce trovammo un papavero, poi un altro; crescevano isolati fra le pietre scure come campanelli cinesi infilati su una cordicella tesa. Seguendo le tracce dei papaveri, arrivammo, giù per un sentiero, a una strana spiaggia nascosta. Era chiusa fra gli scogli, e l’acqua era così chiara che si potevano scorgere le alghe marine e i movimenti guizzanti dei pesci; non lontano dalla riva roccioni piatti e levigati sembravano zattere natanti, e noi passammo dall’uno all’altro; sdraiandoci al sole ci volgemmo a guardare sugli scogli e vedemmo anche i verdi filari di viti, la montagna incappucciata di nuvole. In una roccia il mare aveva scavato un sedile, ed era bellissimo mettersi là e lasciarsi investire dalle onde».

Capote nel 1949 non è ancora noto al grande pubblico: “Colazione da Tiffany” e, soprattutto, “A sangue freddo” arriveranno soltanto anni dopo. Eppure, nella descrizione di un luogo ameno come la Sgarrupata di Barano è già evidente il talento del grande scrittore. A rileggere queste poche righe del diario ischitano, ci si accorge di come egli riesca a rendere minuziosamente il paesaggio dell’isola d’Ischia: i sentieri impervi, le rocce vulcaniche, il mare, la montagna e, naturalmente, l’onnipresente vite.  Ma lo sguardo acuto di Capote, ancor più che sulla natura e gli oggetti ha sempre più volentieri indugiato sulle persone. Spesso in maniera irriverente, come nel caso di Maria Senese del Bar Internazionale, la locandiera di W.H.Auden ed Eduard Bargheer descritta come “una donna sgraziata” e “dal carattere cinico e indifferente“. Altre volte, invece, prevale la compassione, come per Donna Rachele, la vedova di Benito Mussolini che a Forio, dopo la fine del regime e la morte del marito, trascorse alcuni anni in esilio insieme ai tre figli Vittorio, Romano e Annamaria.

La vedova del dittatore morto e tre dei suoi figli – scrive Truman Capote – vivono qui in una specie di esilio volontario, immagino. […] Non è difficile vedere la signora Mussolini che, in tutto simile alle donne dell’isola, vestita poveramente di nero, si trascina su per la salita, un pò piegata da una parte per il peso della borsa della spesa. Il suo viso non ha quasi espressione, ma una volta l’ho vista sorridere. Passava per il paese un uomo con un pappagallo che pescava pianeti della fortuna da un vaso di vetro, e la signora Mussolini, fermatasi a consultarlo, lesse il proprio futuro, mentre sulle labbra le si disegnava un sorriso appena accennato, leonardesco“.

Queste stupende testimonianze dei luoghi e dei volti del ‘900 dell’isola Ischia sono state pubblicate da Truman Capote nel 1973 con “The Dogs Bark” (trad. “I cani abbaiano”) in Italia pubblicato tre anni dopo dalla Garzanti Libri. Il diario di viaggio ischitano sta – come è giusto che sia -, in mezzo ai profili di Marlon Brando, Marilyn Monroe e Louis Armstrong. A distanza di anni, la lettura delle “pagine ischitane” di Truman Capote conserva intatto il suo fascino. Lo stile, prerogativa dei grandi scrittori, è quello confidenziale di un amico che racconta di quel posto stupendo che è l’isola d’Ischia.