Approfondire l’origine dei nomi è un esercizio indispensabile per ricostruire la storia di persone e luoghi. Nel caso di Ischia abbiamo già visto, per esempio, come l’appellativo “Isola Verde” faccia riferimento all’abbondante presenza di tufo verde e non, come spesso viene raccontato (anche noi l’abbiamo fatto), alla straripante vegetazione del territorio.

Beninteso, che il “verde” come vegetazione sia una delle caratteristiche principali di Ischia è sicuramente vero e perciò, in questo caso, lo slittamento di significato può essere giustificato, specie in ambito turistico.

C’è un altro etimo, però, che merita di esser approfondito. Stiamo parlando di “Pithecusa”, il nome con cui gli antichi designavano l’isola d’Ischia. In parte abbiamo già risposto a questa domanda quando abbiamo raccontato la leggenda dei Cercopi, Frinonda ed Euribato, trasformati da Zeus in scimmie (Cercopitechi) e deportati nell’arcipelago flegreo.

Tuttavia è opportuna una ricostruzione etimologica più puntuale del termine che gira, sostanzialmente, attorno a due diverse interpretazioni. La prima, abbiamo detto, ci porta alla al mito dei Cercopi e a farne per primo riferimento attorno il 90 a.C fu lo storico e geografo alessandrino Xenagora.

L'”isola delle scimmie”, dunque, il che spiegherebbe, secondo alcuni, anche il plurale “Pithekoussai” che più volte ricorre nei testi antichi per designare Ischia e le altre isole del Golfo di Napoli. In realtà, più che l’effettiva presenza degli animali, è probabile che i coloni greci ricorressero al termine per esprimere il proprio senso di superiorità sui colonizzati.

O forse più banalmente, come sostenuto dall’archeologo inglese David Ridgway che, insieme a Giorgio Buchner rivoluzionò gli studi sulla Magna Grecia, “Pithekoussai” sarebbe nient’altro che la forma ellenizzata di un precedente toponimo indigeno. Per intenderci, un po’ come quando storpiamo termini stranieri altrimenti incomprensibili.

Per l’altra teoria interpretativa a proposito di Pithecusa bisogna invece fare riferimento al monumentale “Naturalis Historia” di Plinio Il Vecchio. Secondo lo storico romano il toponimo “Pithecusa” rimanderebbe al greco “pithoi” termine a sua volta riconducibile alla lavorazione della terracotta.

Una ricostruzione, quest’ultima, che trova conferma nel vissuto della colonia di Pithecusa che, come sappiamo dagli innumerevoli reperti custoditi nel Museo archeologico di Villa Arbusto, era soprattutto dedita alla lavorazione della ceramica sfruttando la copiosa presenza in loco di argilla.

Insomma non “isola delle scimmie”, ma “isola dei vasai” che scambiavano i loro apprezzati prodotti con il ferro estratto dalle cave dell’isola d’Elba.