C’è stato un tempo in cui la geografia amministrativa ed economica dell’isola d’Ischia ha avuto coordinate diverse dalle attuali. Nel ‘700, per esempio, la frazione di Testaccio (dal 1806 al 1879 comune a se stante) era uno degli snodi turistici e commerciali più importanti dell’isola. Sulla spiaggia dei Maronti approdavano imbarcazioni e mercanti dediti a ogni tipo di traffico: il vino, innanzitutto, e poi, naturalmente, gli altri prodotti della terra e il generoso pescato del mare di Ischia.

A un certo punto non fu più differibile la costruzione di una strada che collegasse la marina con la piazza del borgo per consentire ad acquirenti e venditori di potersi muovere più agevolmente. Alla realizzazione di questa fondamentale opera pubblica provvide il conte Giorgio Corafà (1692-1775), generale e viceré del regno delle Due Sicilie di stanza al Testaccio per curarsi presso il “Sudaturo”, la famosa stufa di vapore della frazione.

Prima di Corafà, erano passati per il Testaccio tanti altri ospiti illustri: su tutti, il vescovo e filosofo irlandese George Berkeley, insieme a Locke e Hume uno dei padri dell’empirismo inglese. Ma se Berkeley si limitò – si fa per dire – a una serie di appunti sulla natura dell’isola e il carattere dei suoi abitanti, Corafà fece invece molto di più. La costruzione della strada che tuttora porta il suo nome fu di fondamentale importanza per lo sviluppo di questa parte dell’isola, tanto da essere quasi subito rinominata “Via del Commercio”.

Anche Giuseppe Orioli, autore del “Giro indipendente dell’isola d’Ischia, si soffermò sull’importanza della strada: “Un piacevole sentiero in discesa, quasi tutto a gradini – scriveva il libraio ravennate negli anni ’30 del secolo scorso – porta alla spiaggia di Maronti, alla cui estremità giace Sant’Angelo. Quella spiaggia è la più vasta di Ischia e senza dubbio diverrebbe frequentata per i bagni se vi arrivasse una strada carrozzabile. Più volte la costruzione di tale strada è stata progettata, ma il progetto non è stato mai attuato per la difficoltà dovuta a quei profondi ed ampi abissi chiamati ‘cave’ da cui l’isola è solcata un po’ dappertutto“.

La strada carrozzabile di cui parla Orioli – infatti – è stata costruita solo successivamente, favorendo quell’impetuoso sviluppo turistico dell’area tanto atteso dalla comunità locale dopo le difficoltà della seconda guerra mondiale. Nel frattempo, però, per oltre 150 anni, Via Giorgio Corafà è stata l’unico collegamento con la marina dei Maronti. È bello ricordarsene oggi, a passeggio sotto i pergolati di vite presenti lungo il sentiero, con lo sfondo onnipresente del profilo di Sant’Angelo che chiude la spiaggia più grande dell’isola.

Nient’altro che una strada, dunque, eppure in grado di raccontare la storia di Ischia più e meglio di tanta letteratura. In maniera del tutto simile – abbiamo visto –  a quel che accade percorrendo Via Soronzano, la stradina che collega Cartaromana a Ischia Ponte. Viottoli che trasudano storia, tuttora in grado di restituire un’immagine meno convenzionale e perciò più autentica della stupenda isola d’Ischia!

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