“Di solito, per esempio, i turisti sanno che c’è una strada carrozzabile attorno all’isola costruita dai Borboni, ma pochi hanno fatto il giro dell’isola per la strada che io conosco (…) Questa è un’escursione così piacevole che ne traccerò un itinerario completo (…) Forse qualcuno, un giorno o l’altro seguirà con diletto le mie orme“.
Così Giuseppe Orioli (1884 – 1942) in “Avventure di un libraio” del 1937. Un capitolo del libro è dedicato all’isola d’Ischia che questo scrittore e libraio ravennate aveva visitato 7 anni prima in compagnia del più famoso Norman Douglas, scrittore inglese morto a Capri nel 1952. A distanza di quasi 80 anni ci siamo messi sulle orme del “Giro indipendendente dell’isola d’Ischia” di Orioli (Imagaenaria Edizioni, 2004) consapevoli che molto è cambiato, ma che resta un’escursione piacevolissima a farsi.
Il giro comincia a Ischia Ponte, in barca fino alla piccola baia di Cartaromana passando sotto la Torre di Guevara e gli scogli di Sant’Anna. Da lì – racconta Orioli – “se alzate gli occhi verso la collina noterete un gruppo di casette bianche. Fanno parte del villaggio di Campagnano“. Quello che più colpisce di Campagnano è il panorama, anche se Orioli si lascia sfuggire che non avrebbe aggiunto altro sul punto (salvo poi invece ritornare sull’argomento), perchè Ischia è “tutto un panorama da ogni parte“. E così un attimo dopo lo seguiamo in mezzo alle vigne di Piano Liguori, in cima al Monte Vezzi, per poi ridiscendere verso il santuario della Madonna di Montevergine, la Scarrupata fino al borgo del Testaccio. E dal Testaccio giù fino ai Maronti per via Giorgio Corafà, l’antica “via del commercio” all’epoca unico collegamento con la spiaggia più grande dell’isola.
Scrive Orioli: “Potete essere certi di non restare mai soli (…) a Testaccio, perchè troverete sempre un nugolo di ragazzi a farvi scorta; ne abbiamo contati sino a quaranta che ci seguivano ovunque, e mai meno di venti. Questi ragazzi sono il fenomeno di Testaccio; (…) Che mai sarà di loro, per tacere dei loro figlioli? Né la terra né il mare possono essere sfruttati più di quanto non lo siano già, e l’emigrazione è quasi inestiente“.
Questo probabilmente è il passaggio più intenso del racconto, in cui Orioli in qualche modo intuisce quello che sarebbe successo di lì a venti anni. Infatti, negli anni ’50 del secolo scorso Testaccio, come pure le altre frazioni di Barano, fu interessata da una massiccia ondata migratoria. Quel nugolo di ragazzini che faceva da scorta all’eccentrico viaggiatore avrebbe cercato fortuna oltre oceano. In particolare in Argentina dove tuttora vive una nutrita colonia baranese che non ha mai tagliato i ponti con il paese natìo.
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L’itenario prosegue per il borgo di Sant’Angelo, e da Sant’Angelo per Forio con deviazione d’obbligo per lo spettacolare faro di Punta Imperatore. “Forio ha un fascino al quale non si può sfuggire, specialmente la parte antica che ha un carattere orientale: un groviglio di stradicciole tra case dipinte in rosso e turchino che, quasi tutte, mostrano le tracce del grande terremoto. […] Nella chiesa c’è una statua in oro e argento di San Vito, patrono della città. È un dono della ‘Società degli Ubriachi’, che quando il santo viene portato in processione, gli pone in mano alcuni grappoli“.
A questo punto Orioli anziché proseguire per Lacco Ameno e la marina di Casamicciola devia per la Borbonica, e da lì arriva al Monte Rotaro, a Fiaiano e nella piana di Buceto, dove sgorga la fonte che per secoli ha garantito l’approvvigionamento idrico di Ischia Ponte, l’antico “borgo di Celsa“. L’eccentrico ravennate segnala che da Buceto è possibile salire sino in cima al Monte Epomeo, anche se – dice – il modo migliore di raggiungere la cima del monte e il villaggio di Santa Maria è dal sentiero di Serrara Fontana che porta al bosco dei Frassitelli, “la strada più bella di tutta l’isola, senza dubbio, dal punto di vista del panorama” (vedi immagine di copertina).
“A Santa Maria abita una famiglia ideale chiamata Nicolella e nota col soprannome di Bonomo; questo ci indusse ad andare spesso a Santa Maria. Gran brava gente: padre, madre, figli e figlie; quante ore ho passato sotto la loro loggia ombrosa!”
Insieme a Franchino, il figlio minore della famiglia Nicolella, Orioli e Douglas visitano il centro Lacco Ameno e la spiaggia di San Montano. Da lì, attraverso i “sentieri tortuosi” e le “muraglie di lava” dello “spettrale” bosco di Zaro, si ritorna a Forio, giusto il tempo di lasciare il ragazzo a casa di uno zio e dirigersi prima verso Ischia Ponte, “troppo malinconica per passare una serata” e poi al porto di Ischia, “luogo animato (…) con piroscafi, barche da pesca, vapori da carico e qualche volta un panfilo all’ancora“.
Termina a Ischia Porto il “Giro indipendente dell’isola d’Ischia” di Giuseppe Orioli. La gallery in coda all’articolo ripercorre le tappe di questa lunga camminata che ancora oggi regala le stesse emozioni di quel lontano 1937.
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