L’isola d’Ischia, per secoli, è stata disseminata di torri costiere. Non solo Forio, come erroneamente qualcuno potrebbe ritenere, ma pure Lacco Ameno, Casamicciola, Sant’Angelo, Barano, Ischia disponevano di una o più fortezze con funzioni di avvistamento e difesa. Sfortunatamente, con l’eccezione delle torri di Forio e della torre di Testaccio a Barano, queste testimonianze sono andate distrutte.

Tutte, tranne una: la Torre Guevara nella bellissima baia di Cartaromana. Diversa dalle altre per architettura e destinazione d’uso, non c’è accordo sul periodo di costruzione. C’è chi sostiene la metà del ‘400, ad opera di Don Giovanni De Guevara, uomo d’armi spagnolo al seguito di Alfonso I d’Aragona; altri studiosi ritengono invece sia stata edificata alla fine di quello stesso secolo, per mano di Francesco De Guevara, alleato di Carlo VIII re di Francia e quindi schierato contro la dinastia aragonese.

Le certezze però sono di più e più importanti dei dubbi. Innanzitutto, la destinazione d’uso, a cui si è fatto riferimento in precedenza. La torre Guevara era una struttura residenziale, una delle tante di questa nobile famiglia assai influente nel Regno di Spagna. Solo all’occorrenza, nel caso vi fossero stati pericoli incombenti, avrebbe potuto fungere anche da fortezza militare a protezione della cittadella all’interno del Castello Aragonese.

La altre certezze riguardano il contesto in cui è inserito questo bene architettonico. A fianco la Torre scorreva infatti una sorgente d’acqua, la famosa fonte di Cartaromana cui accenna addirittura il Boccaccio nella novella del Decamerone in cui narra della tribolata storia d’amore di Gianni e Restituta. Per chi ne ignora l’importanza, fu proprio la scomparsa di questa sorgente a rendere necessari i lavori dell’Acquedotto del Pilastri per convogliare le acque della fonte di Buceto e garantire l’approvvigionamento idrico dell’antico “Borgo di Celsa”.

Non solo. Pare che nel giardino attorno la Torre, per secoli siano stati evidenti i resti dell’antica città di Aenaria, la piccola colonia romana (I – IV sec. d.C.) sprofondata proprio nello specchio d’acqua compreso tra il Castello e la fortezza dei Guevara.

Ancora, la vicinanza con la piccola chiesa di Sant’Anna, la cappella votiva dove i pescatori di Ischia Ponte si recavano via mare con le famiglie per invocare la protezione della madre di Maria. Senza dimenticare gli omonimi scogli che hanno dato il nome alla festa del 26 luglio e la piccola spiaggia di ciottoli in fondo la baia, famosa per le sue polle sulfuree.

Gli interni dell’edificio non sono da meno. Il lavoro paziente della scuola di restauro dell’Università di Dresda ha consentito il recupero di una grande quantità di affreschi nelle scale e nelle due sale di rappresentanza al secondo piano. La torre, infatti, fu abbandonata dalla famiglia Guevara nel 1839 dopo che l’Università di Ischia scelse inopinatamente di allestire un cimitero per i morti di colera proprio nello spiazzo sotto l’edificio. Ne sono seguiti anni di incuria che hanno inevitabilmente compromesso il patrimonio artistico che da qualche anno si sta cercando faticosamente di riportare alla luce.

Insomma, Ischia non è famosa soltanto per la sua storia antica (la prima colonia della Magna Grecia) e il  consolidato presente turistico. In mezzo c’è il Rinascimento, quel particolare periodo artistico e culturale della storia d’Europa di cui la Torre Guevara di Cartaromana è una splendida testimonianza che dà lustro all’intera isola, alla regione Campania e, perchè no, all’Italia.