Il 22 marzo 2015 c’è stata la prima de “L’Ultimo Tango”, film indipendente interamente girato a Ischia. Cast quasi tutto isolano, dal regista e attore protagonista Giuseppe Iacono, fino alla casa di produzione. Tra gli interpreti anche Renato Scarpa, attore dalla filmografia di assoluto rilievo – dai fratelli Taviani a Nanni Moretti -, e tuttavia più celebre, almeno alle nostre latitudini, per l’interpretazione del mitico dott. Cazzaniga in “Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo. Tra i pregi de “L’Ultimo Tango”, oltre alla trama agile e ben scritta,  c’è sicuramente l’esser riusciti a raccontare Ischia in maniera inconsueta, lontano dai cliché e le immagini di tanta pubblicistica turistica. Non perchè si tratta di un noir, anzi uno “spaghetti-noir”, ma perchè la fotografia e il montaggio ci restituiscono un territorio molto diverso dall’isola dal fascino esotico di trenta-quaranta anni fa.

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Un compito, quello di “smontare” i facili miti della mediterraneità, presente, del resto, già in molti pittori ischitani. Solo per citarne uno, Gabriele Mattera, il pittore del Castello Aragonese, che dalla sua visuale privilegiata, si incaricò di smentire i luoghi comuni sui pescatori di Ischia Ponte, da sempre figure centrali nell’ immaginario turistico dell’isola d’Ischia, e colti, invece, dall’artista nei momenti di difficoltà e scoramento. Più in generale, per quel che riguarda la pittura, c’è sempre stato, a Ischia, un deciso rifiuto del vedutismo panoramico con la tendenza – opposta – a sacrificare qualcosa sul piano espressivo a vantaggio dell’essenzialità delle forme e dell’intensità del colore. Tutto, per raccontare meglio i mille risvolti di un'”isola vasta come un continente” secondo la felice definizione del critico letterario Libero De Libero.

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Per cercare uno stile che si incarica di descrivere, anziché trasfigurare, il contesto, bisogna salire le scale che portano al secondo piano del Museo Civico del Torrione. Al termine delle scale, c’è una sala circolare dove sono custodite le opere di Giovanni Maltese, pittore, poeta e scultore che abitò in enfiteusi la più grande delle torri costiere di Forio. Lo stile “verista” delle sculture di Maltese restituisce le condizioni materiali di esistenza dei foriani dell’epoca; uomini e donne dediti alla vita nei campi, a cavallo tra XIX e XX secolo. L’unica obiezione – si fa per dire – è che Maltese difficilmente sarebbe riuscìto a ottenere uguali risultati lavorando la pietra invece del gesso. Col gesso, infatti, è possibile modellare la scultura, aggiungendo e sottraendo materia fino a ottenere le forme volute; possibilità invece preclusa a chi scolpisce la pietra. Ancor di più, poi, se la pietra, è il tufo verde locale.

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Una pietra porosa, grossolana, che non a caso, riescono a lavorare solo le maestranze provenienti dalla muratura. Come Nicola Gioba, giovane scultore di Fontana, capace di reinterpretare in chiave artistica il sapere degli antichi mastri parracinari dell’isola d’Ischia.

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Insomma, cinema, pittura, scultura e da qualche anno anche teatro, sono le traiettorie di uno spirito creativo diffuso che oggi, ancor più che in passato, aleggia sull’isola d’Ischia. Un motivo in più, insieme al mare, alle terme e al paesaggio, per visitare la più grande e bella delle isole partenopee.